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Le Ciocche Di CapaRezza

Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, Per storia

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galaxy1995
icon11  view post Posted on 17/1/2009, 16:19     +1   -1




Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, di Isolabella e di Leri , più semplicemente noto come Cavour, (Torino, 10 agosto 1810 – Torino, 6 giugno 1861) è stato un politico italiano, protagonista del Risorgimento nella veste di capo del governo del Regno di Sardegna e successivamente in quella di primo Presidente del Consiglio del Regno d'Italia.
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Aristocratico piemontese di idee liberali, in gioventù frequentò il 5° corso della Regia Accademia Militare (conclusosi nel 1825) e nell'inverno 1826-27 i corsi della Scuola di Applicazione del Corpo Reale del Genio compilando una memoria dal titolo Esposizione compita dell'origine, teoria, pratica, ed effetti del tiro di rimbalzo tanto su terra che sull'acqua[2], diventando ufficiale del genio. Trasferito nel 1830 a Genova, ebbe modo di conoscere la marchesa Nina Giustiniani, con la quale avvierà una forte amicizia intrattenendo con lei un lungo rapporto epistolare.
In seguito abbandonò l'esercito e prese a viaggiare all'estero studiando lo sviluppo economico di paesi largamente industrializzati come la Francia e l'Inghilterra.
All'età di ventinove anni Cavour venne nominato sindaco di Grinzane, dove la famiglia aveva dei possedimenti, e ricoprì tale carica per ben 17 anni. In questo lungo periodo, oltre a distinguersi come amministratore efficiente e capace, fu anche innovatore in campo agrario ed enologico: a Cavour infatti è attribuita l'invenzione del Barolo, inteso come procedimento di invecchiamento del vino Nebbiolo.
Nel 1916[3] Grinzane cambiò il suo nome in Grinzane Cavour proprio in onore del grande statista.
Il modello inglese

Ammiratore del liberismo economico e del liberalismo politico inglese, egli era convinto che con il metodo delle tempestive riforme si sarebbe evitato ogni sovvertimento socialista.
Osservava in proposito:
« L'umanità è diretta verso due scopi, l'uno politico, l'altro economico. Nell'ordine politico essa tende a modificare le proprie istituzioni in modo da chiamare un sempre maggior numero di cittadini alla partecipazione al potere politico. Nell'ordine economico essa mira evidentemente al miglioramento delle classi inferiori, ed a un miglior riparto dei prodotti della terra e dei capitali. »
(da C.Cavour, Discorsi parlamentari, Firenze, 1932-1973)
Un realistico riformismo per necessità più che per convinzione il suo: le riforme vanno fatte quando non se può più fare a meno, quando insistendo con una politica reazionaria il rischio di una rivoluzione si fa reale comportando così la perdita del potere sino allora gestito. Un modo di ragionare politico che ricalca quello economico: se voglio acquistare qualcosa , nello scontro tra la domanda e l'offerta, dovrò alla fine accettare il prezzo, altrimenti perderò l'acquisto dell'oggetto o non lo venderò.
Le prime idee politiche

Alla nascita, nel 1847, del partito moderato come alternativa riformista ai movimenti di ispirazione democratica e insurrezionale aveva contribuito anche il pensiero politico del giovane Cavour che nel 1846 così scriveva:
« In Italia una rivoluzione democratica non ha probabilità di successo[..] Il partito favorevole alle novità politiche[..] non incontra grandi simpatie nelle masse...in genere assai attaccate alle vecchie istituzioni del paese. La sua forza risiede nelle classi medie e in una parte della classe superiore. Su queste classi[..] così fortemente interessate al mantenimento dell'ordine sociale le dottrine sovversive della Giovine Italia non hanno presa. Perciò ad eccezione dei giovani [inesperti ed ingenui] si può affermare che non esiste in Italia se non un piccolissimo numero di persone seriamente disposte a mettere in pratica i principi esaltati di una setta inasprita dalla sventura. »
Una lucida analisi politica, questa, sulla scarsa incisività della azione di Mazzini dovuta anche all'avversione culturale che le classi colte e le masse contadine cattoliche riservavano alla idea mazziniana di progresso democratico e di coinvolgimento popolare al processo unitario.
Per dirla secondo una definizione di Massimo D'Azeglio anche tra i moderati si formava L''opinione nazionale italiana.
Sempre nel 1846 Cavour aderiva all'idea (ispirata dal Gioberti) di una lega doganale come premessa di una futura federazione politica dei vari stati italiani.
Contrariamente a tanti cortigiani dei Savoia, timorosi delle novità politiche e tecnologiche, egli pensava, facendosi interprete delle esigenze della classe imprenditoriale e della aristocrazia illuminata, che la costruzione di ferrovie in Italia sarebbe stata la premessa della nostra emancipazione politica poiché in questo modo il paese sarebbe entrato in rapporto con le economie e con le idee degli stati europei più avanzati.
Nel 1847 fece la sua comparsa ufficiale sulla scena politica come fondatore del periodico "Risorgimento".
Prime esperienze parlamentari e di governo

Per approfondire, vedi la voce Prima guerra di indipendenza.
Nel giugno del 1848 Cavour fu eletto deputato al Parlamento del Regno di Sardegna, il primo costituzionale, quel Parlamento che dovette gestire la prima guerra d'indipendenza, la sconfitta e l'abdicazione di Carlo Alberto e la successione di Vittorio Emanuele II.
Il 29 marzo 1849 il nuovo Re si presentò davanti al Parlamento per pronunciare il giuramento di fedeltà e, il giorno dopo, lo sciolse indicendo le nuove elezioni per il 15 luglio. Il nuovo Parlamento si rifiutò di ratificare l'Armistizio di Vignale e il Re, appellandosi agli elettori con il proclama di Moncalieri, lo sciolse nuovamente. Grazie alle elezioni del 9 dicembre, il liberale moderato Massimo d'Azeglio otteneva finalmente un'ampia maggioranza per il governo formato già il 7 maggio 1849 e il 9 gennaio 1850 il trattato di pace con l'Austria venne, infine, ratificato.
In questi anni Cavour aveva mantenuto una linea politica indipendente, cosa che non lo escluse da critiche ma che lo mantenne in una situazione di anonimato fino alla proclamazione delle leggi Siccardi, che prevedevano l'abolizione di alcuni privilegi relativi alla Chiesa, già abrogati in molti stati europei. L'attiva partecipazione di Cavour alla discussione sulle leggi ne valse l'interesse pubblico.
Entrò a far parte del governo D'Azeglio il 15 aprile del 1851, come ministro dell'Agricoltura, del Commercio e della Marina; il 19 aprile dello stesso anno completò il suo controllo della vita economica del Paese con l'aggiunta alle sue competenze del Ministero delle Finanze.
Nel difendere al Senato Subalpino la politica economica liberista del governo e i trattati commerciali con la Francia, il Belgio e l'Inghilterra, Cavour affermava che coloro che sostenevano il protezionismo erano i naturali alleati dei socialisti. Il protezionismo, propugnando l'intervento dello stato nell'iniziativa privata, costituiva «La pietra angolare sulla quale il socialismo innalza le batterie con le quali intende abbattere l'antico edificio statale.» (C.Cavour, Discorsi parlamentari op. cit). Una tesi originale questa che voleva spaventare i reazionari accomunandoli ai sovversivi. Chi difendeva la libertà individuale non poteva non accettare il principio della libera concorrenza.
Il connubio



Nel 1852 diede vita al cosiddetto "connubio": una forma di coalizione programmatica tra le componenti più moderate della destra liberale (i cui esponenti più rappresentativi erano Cavour stesso e il D'Azeglio) e della sinistra piemontese (guidata da Urbano Rattazzi), che lo portò nel novembre dello stesso anno a diventare Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il connubio mirava innazitutto a ridurre all'impotenza l'opposizione rappresentata dalla vecchia aristocrazia fondiaria e clericale che si era battuta nel 1850 contro le leggi Siccardi e dai pochi rappresentanti della Sinistra democratica guidata da Angelo Brofferio, Giuseppe Saracco e Agostino Depretis.
Scriveva Cavour qualche anno dopo:
« Io penso di aver reso con ciò un servizio al nostro paese, perché stimo di avere così innalzata una barriera abbastanza alta onde la reazione non venga mai a superarla. »
In realtà il connubio rappresentava quella che fin d'allora fu chiamata una dittatura parlamentare frutto di una politica che, escludendo ogni reale apporto dell'opposizione alla formazione delle leggi, mirava a una sorta di governo personale. Una politica che non rifuggendo dall'usare lo stesso strumento della Sinistra di Agostino Depretis nel 1882, può essere considerata, per certi aspetti, l'antesignana del famigerato trasformismo (cfr. Denis Mack Smith, Cavour. Il grande tessitore dell'unità d'Italia, Bompiani, 2001).
Questo giudizio può essere temperato se consideriamo che a parere di altri storici invece, come Luigi Salvatorelli, Cavour ebbe sempre un grande rispetto per la libertà e lo Statuto albertino in nome del quale si contrastò persino con il re Vittorio Emanuele II, non sempre disposto a fare la parte del sovrano costituzionale. Ciò non toglie, secondo lo storico Denis Mack Smith, che i deputati sapessero di dover fare quello che lui voleva.
Tale atteggiamento politico era dovuto anche al suo carattere che come ci racconta Petruccelli della Gattina ne "I moribondi di palazzo Carignano" (Milano 1862) era tale che
« Conosce la gente che lo circonda, la stima poco, forse punto ed ha il torto di darlo a vedere. Non tollera eguali, non essendo abituato a incontrarne molti. »
Riforme economiche
Raggiunta questa carica Camillo Benso Conte di Cavour si diede al potenziamento economico-industriale del Regno di Sardegna, favorendo la costruzione di ferrovie, di strade(nel 1859 il piemonte aveva 807 km di ferrovie, più di ogni altro stato italiano). Rese il porto di Genova il più grande d'Italia. Diede nuova vita all'agricoltura introducendo nuove coltivazioni e abolendo il dazio sul grano, facendo opere di bonifica e costruzione di canali d'irrigazione. Favorì la creazione di un'industria siderurgica e il potenziamento dell'industria tessile.
Tutto ciò comportò un alto costo finanziario che Cavour affrontò contraendo pesanti prestiti con la Francia e l'Inghilterra i cui rimborsi furono coperti con gravose tassazioni che non risparmiarono neppure i generi alimentari con grave disagio dei ceti più deboli. Tra gli affari e la politica, sta la partecipazione di Cavour alla creazione dei primi moderni istituti di credito a Genova e a Torino, destinati a confluire nella Banca Nazionale degli Stati Sardi che più tardi divenne Banca d'Italia.
I rapporti tra Stato e Chiesa


Fin dal 1850 si era proceduto in Piemonte ad un'opera di laicizzazione dello stato tanto più necessaria per un paese dove sopravvivevano residui medioevali come il diritto d'asilo per chiese e conventi che le leggi Siccardi alla fine riuscirono a cancellare nonostante l'opposizione clericale guidata dall'arcivescovo di Torino Luigi Fransoni arrestato e condannato ad un mese di carcere. Ancora nel 1852 non si riuscì a far approvare un progetto di legge che istituiva il matrimonio civile per l'opposizione del Senato e del Re.
Anche Cavour nel 1855 dovette affrontare l'opposizione cattolica in relazione ad un progetto di legge per la soppressione degli ordini religiosi non dediti all'insegnamento o all'assistenza dei malati e l'incameramento dei loro beni allo stato. La forte maggioranza parlamentare di Cavour dovette arrendersi di fronte all'opposizione del clero e di una parte dell'opinione pubblica, ma soprattutto per l'intervento del Re. Cavour si dimise aprendo una crisi costituzionale chiamata crisi Calabiana dal nome del vescovo di Casale Luigi Nazari di Calabiana avversario del progetto di legge. Lo scontro si risolse con un compromesso. Cavour ritirò le dimissioni e la legge fu ripresentata in termini molto più moderati rispetto alla precedente.
Il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa si ripresentò dopo l'unità aggravato dalla forte intransigenza di papa Pio IX nei confronti dello stato italiano che aveva proclamato Roma capitale del nuovo regno. Seguendo il metodo diplomatico, Cavour aveva avviato trattative segrete con Napoleone III, tutore della Chiesa cattolica e con lo stesso Papato offrendogli l'abbandono di ogni pretesa giurisdizionalistica di controllo regalistico sulla Chiesa da parte dello stato italiano in cambio della rinuncia al potere temporale dei Papi. Era la famosa formula della «Libera Chiesa in libero Stato» che Cavour non ebbe modo di mettere in pratica per la sua morte improvvisa.
Il rifiuto di papa Pio IX suscitò la reazione dell'anticlericalismo liberale e dei democratici mazziniani e garibaldini convinti che il problema di Roma capitale si potesse risolvere solo col metodo rivoluzionario.
La politica estera e la questione italiana
Il programma politico di Cavour riguardo il problema italiano non prevedeva, come fu fatto credere dall'agiografia risorgimentale dopo l'unità, di unificare l'Italia. Per esempio, durante il Congresso di Parigi nel 1856, dopo l'incontro con Daniele Manin, un capo della Società Nazionale Italiana, Cavour scrisse che Manin gli aveva parlato "dell'unità d'Italia ed altre corbellerie". L'obiettivo di Cavour era quello di creare un forte Stato nel Settentrione sotto la corona dei Savoia, con l'annessione della Lombardia e del Veneto. Questo progetto, d'altra parte, corrispondeva alle tradizionali aspirazioni dei Savoia all'unificazione della pianura Padana interrotta al fiume Ticino dalla presenza austriaca in Lombardia. Per ottenere un simile risultato, che avrebbe alterato il quadro politico europeo, il Piemonte da solo non avrebbe potuto conseguirlo senza il consenso e l'aiuto delle maggiori potenze europee.
 
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